VERDENA
Scritto da Redazione Radio Flyweb il 30 Agosto 2019
Il 24 settembre del 1999 esce Verdena, omonimo esordio di una delle band più amate dello Stivale.
In occasione del 20° anniversario dalla pubblicazione, il prossimo 20 settembre il trio bergamasco darà nuova vita a questa pietra miliare attraverso una nuova edizione arricchita da contenuti – sinora tenuti nel cassetto – che includono brani inediti, versioni demo, acustiche e live.
Verdena – 20th Anniversary Edition sarà disponibile in due formati: 2CD e 3LP.
Il doppio CD contiene l’album originale, la cui prima traccia – Ovunque – presenta un mix alternativo alla prima versione ormai dispersa. Come si evince dal sottotitolo, il secondo disco contiene, invece, “5 Relitti, 2 Residui, 2 Avanzi e un Demo”. Due di questi brani sono già contenuti nell’EP Valvonauta(Bonne Nouvelle e Piuma), altri due pezzi (accantonati dalla band perché non soddisfatti dell’esecuzione) sono Corpi (inedita) e Fiato Adolescenziale, registrati entrambi da Giorgio Canali nella stessa sessione del disco del 1999 e poi mixati nel 2019 da Alberto Ferrari all’Henhouse. A completare la tracklist, una versione acustica di Fuxia, una di Ormogenia recuperata da vinile (poiché anch’essa dispersa) e una “primordiale” Ormogenia registrata su 4 piste a cassetta nel corso di una delle tante jam casalinghe (Da Giordi); in chiusura un passaggio abbozzato in acustico (Oggi) e una versione live di Shika (altro inedito).
ll triplo vinile contiene 2 LP interamente dedicati all’album originale rimasterizzato da Giovanni Versari, sound engineer di fiducia dei Verdena, mentre il terzo LP contiene gli stessi “5 Relitti, 2 Residui, 2 Avanzi e un Demo” del secondo cd in digipack.
Il disco è prodotto da Giorgio Canali (ex-chitarrista di CCCP, ai tempi membro dei CSI) allo Studio Sonica di Calenzano (FI). L’album venderà più di quarantamila copie e varrà alla band il Premio PIM di Repubblica come “Miglior gruppo rivelazione del 1999“.
Questo il prezioso ricordo di Giorgio Canali:
«Ho delle immagini precise dei Verdena in registrazione nello studio B di Sonica a Calenzano, in trio, tutto dal vivo tranne le voci, senza cuffie e senza metronomo, come del resto sono solito fare da trent’anni a questa parte. Francesca ed io a piazzare microfoni in giro e a sperimentare qualche soluzione tecnica che lei aveva imparato a Seattle nello studio di Stone Gossard (Pearl Jam)»
Il racconto di Canali continua con un paio di aneddoti:
«Mi chiamano dalla casa discografica e mi dicono: ‘Devi venire a fare due chiacchiere, abbiamo un gruppo che ci piacerebbe producessi tu, visto che con il rock ci sai fare, ma non possiamo dirti nulla per telefono perché blahblahblah (solite menate di segretezza che non capirò mai)”. Io fermo subito il mio interlocutore e gli dico “Guarda, ti dico subito che se non sono i Verdena o gli Ulla ‘la bambola che ti trastulla’ (chissà che fine hanno fatto?) è inutile che venga a Milano perché la non produco cose che non mi piacciono’. Piccolo silenzio dall’altra parte del filo… E poi mi rispondono che sì, si tratta dei Verdena, stupiti che io li conoscessi e di mantenere la segretezza.
Prima di registrare l’album, per conoscerci meglio e capire come funzionavano, ho fatto aprire ai Verdena qualche mio concerto. Fra questi ce n’era uno al Fuori Orario vicino a Parma. Qualche anno dopo mentre ero in tour in quel club con Le Luci Della Centrale Elettrica, uno dei proprietari mi chiese che fine aveva fatto quel gruppo fighissimo con una bambina che suonava la batteria e una ragazza al basso che aveva aperto la serata prima di me… non voleva credere che fossero i Verdena… Pensava lo stessi prendendo in giro».
Uno dei primi giornalisti ad accorgersi del loro talento fu Luca Bernini, che racconta così l’incontro con i Verdena e con quel loro primo album:
«Questa storia inizia con una musicassetta appoggiata su un tavolo, a Roma. Aveva una sorta di poliziotto in copertina, in evidenza la scritta ‘VERDENA’. L’avevo ricevuta da Giampaolo Giabini, al tempo loro manager, ma non l’avevo mai ascoltata, a dirla tutta. Era l’estate del ’98, una telefonata con un amico e collega giornalista, Paolo Giovanazzi (“ascoltali, sono bravi, Giabini vorrebbe presentarli a Luca Fantacone della Black Out”) mi spinse a cambiare idea e a metterla su. Era musica grezza, scura, urgente. Parlava da sé. Chiamai Fantacone, i Verdena avrebbero suonato a inizio settembre ad una sorta di Festa Giovani nel bergamasco. Li andammo a vedere. Ricordo che il loro palco era un camion da ristorazione svuotato, con le luci al neon, ma lì dentro loro sembravano starci benissimo. Fin da allora erano un colpo allo stomaco: Alberto e il suo sguardo da diamante pazzo, Roberta, al basso, a suonare e a guardarsi i piedi, dietro di loro ai tamburi Luca, al tempo ancora minorenne, a cercarli costantemente con gli occhi. Fecero i primi pezzi e la loro furia ci arrivò subito addosso. Luca Fantacone dopo dieci minuti aveva già deciso di firmarli. A ripensarci oggi sembrava una scena da uno di quei film tipo ‘I Love Radio Rock’ o ‘24 Hour Party People’, invece era tutta roba nostra. Fatto sta che la firma arrivò. Arrivò anche un produttore (Giorgio Canali) e, a seguire, il loro primo disco, ‘Verdena’, anno di grazia 1999.
Il loro primo disco viene da un altro posto, è ancora oggi, a vent’anni di distanza dalla sua uscita, un oggetto oscuro e al tempo stesso incontaminato per purezza e intensità. Ascoltandolo, certamente vi si troveranno dentro infatuazioni e amori e urgenze di quel tempo – i Nirvana, Kurt Cobain – ma queste di certo non ne ridimensionano il valore, l’importanza, la forza, l’enorme impatto, casomai lo amplificano perché i Verdena ne fanno materia per qualcos’altro, di altrettanto urgente, sfrenato, nuovo. ‘Verdena’ era una dichiarazione, arrivava con la forza di una pietra miliare al primo colpo, e, cosa più unica che rara nel mondo del rock’n’roll, sanciva una serie di condizioni unilaterali cui la band non ha mai abdicato. Nessun compromesso artistico, nessuna tentazione al mercato, nessun cedimento al futile. La musica, e solo la musica, parla. I Verdena la prendono da dovunque sia e la portano tra noi. I loro album successivi al primo raccontano capitolo dopo capitolo questa storia: di come siano stati gli unici ad aver davvero fatto sempre tutto a modo loro riportando ogni volta a casa la pelle nel modo migliore, lasciando per noi sul tavolo canzoni che hanno una potenza e un’intensità senza pari».