CRANCHI: L’IMPRESA DELLA SALAMANDRA
Scritto da Redazione Radio Flyweb il 30 Novembre 2018
Solo l’osservatore, travolto anch’esso dalla fiumana, guardandosi attorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati domani.
(Giovanni Verga)
L’Impresa Della Salamandra è il quinto disco di Cranchi, cantautore mantovano con uno stile personale, in cui si fondono canzone d’autore e impegno civile, suggestioni letterarie e storie personali dell’autore.
Una musica che guarda alla tradizione ma allo stesso tempo è contemporanea, in cui convivono chitarre acustiche ed elettriche, arrangiamenti minimali e momenti più ricercati.
Chi conosce Cranchi saprà immediatamente ritrovare i punti comuni con i lavori precedenti, il viaggio, l’amore ma anche le grandi vicende della storia che fanno da sfondo o che diventano protagoniste della narrazione.
Ci sono due città lontane (Ushuaia e Mantova), la prima protettrice ghiacciata di un amore proibito, simbolo di migrazioni e privazioni, l’altra calda amante viziata che poco si concede alle lusinghe di un paesano.
C’è un deserto (Atacama) bagnato dal sangue per la conquista di polvere e sabbia dove alla fine rimarranno solo tombe senza padrone.
Ci sono i fiumi (La Boje, Eridano), meravigliosi esseri inanimati che non stanno mai fermi e sembrano prendere in giro noi piccoli condannati a morte giocando a scorrere in un eterno presente.
Le loro piene dividono gli uomini, le loro secche invocano preghiere.
Ci sono uomini (Aldo) chiusi in un’esistenza che non hanno chiesto, l’amore di un padre troppo importante per la quotidianità.
Ci sono i soldati sull’Ortigara (Ta pum) che hanno voglia di riabbracciare i loro cari e di finire questa maledetta prima guerra mondiale che non promette nulla di buono per il futuro.
E in tutto questo c’è l’impresa della salamandra, “Quod huic deest me torquet” ovvero “ciò che manca a costei tormenta me”, motto di Federico II Gonzaga tra le stanze di
Palazzo Te.
L’umanità sembra perdere l’amore ed esserne tormentata continuamente.
Perdete anche voi il vostro treno e mettetevi comodi ad osservarne gli effetti.